Ogni 12 minuti una bambina muore a causa delle mutilazioni genitali femminili.
Jane ha sofferto moltissimo quando ha visto sua sorella costretta a subire la mutilazione genitale. Questa pratica dolorosa e pericolosa, a cui vengono sottoposte le bambine già prima dei dieci anni, ha infatti delle conseguenze che mettono a rischio la vita di chi la subisce: shock, emorragie, infezioni, HIV, traumi, fino ad arrivare alla morte.
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Le risposte alle tue domande sulle mutilazioni genitali femminili
Cosa sono le mutilazioni genitali femminili? (MGF)
La mutilazione genitale femminile (MGF) è una pratica tradizionale che consiste nella rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni per ragioni non di natura medica. E’ una pratica dolorosa e dannosa, inflitta a bambine e giovani ragazze, che mette a rischio la loro stessa vita.
Perché vengono praticate?
La mutilazione genitale femminile (MGF) è considerata un rito di passaggio dall’infanzia all’età adulta. Inoltre, ancora oggi, le ragioni che spingono le famiglie a sottoporre le bambine a questa pratica sono legate alla falsa credenza che la procedura apporti benefici igienici ed estetici, promuova la fertilità delle ragazze e preservi la loro reputazione. Affrontando l’operazione si dimostra alla comunità di avere abbastanza forza e coraggio da poter trovare marito (addirittura viene chiesto alle bambine di non piangere durante la pratica). All’interno di molti villaggi, infatti, le ragazze che non sono state circoncise non potranno sposarsi e saranno allontanate, in quanto ritenute indegne e impure.
Quali sono le conseguenze?
Gravi rischi sulla salute sia a breve che a lungo termine e problemi psicologici derivati dalla traumaticità dell’evento e dall’atroce dolore provato durante l’operazione. A seguito della pratica le bambine abbandonano gli studi e sono costrette al matrimonio in giovanissima età, private del diritto di studiare e realizzare liberamente il loro futuro.
Come vengono praticate?
Secondo l’OMS con il termine mutilazione genitale femminile si definiscono tutte quelle procedure che coinvolgono la rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni per ragioni non di natura medica. Le MGF sono generalmente suddivise in quattro categorie a seconda della severità dell’operazione, che va dall’asportazione parziale o totale della clitoride al restringimento dell’orifizio vaginale con una pratica meglio conosciuta come infibulazione femminile. Quest’ultima è anche la procedura che spesso richiede un’ulteriore necessaria pratica di riapertura della sutura effettuata, con lo scopo di facilitare l’intercorso o il parto. Spesso, le donne sono infibulate e deinfibulate diverse volte nel corso della loro vita provando sofferenze inimmaginabili. Le mutilazioni genitali femminili sono di solito effettuate da donne della comunità alle quali è stato conferito questo incarico. Agli uomini non è permesso assistere e dunque la comunità maschile generalmente ignora la sofferenza provata dalle ragazze durante l’operazione, molto di frequente eseguita in condizioni igienico-sanitarie decisamente insufficienti, senza l’utilizzo di anestetici, antibiotici né materiale sterile e quindi con il grande rischio di provocare morte per emorragie e infezioni. Le ragazze che sopravvivono vanno poi incontro a gravi conseguenze a lungo termine quali difficoltà nei rapporti sessuali, infezioni al tratto urinario e un alto rischio di morte durante il parto, sia per la madre che per il feto.
Cosa sono i riti di passaggio alternativi?
Un’adeguata comprensione delle motivazioni che stanno alla base della mutilazione genitale femminile suggerisce che sia fortemente radicata l’idea erronea che si tratti di un rito al quale è giusto e necessario che le bambine prendano parte per poter diventare membri della comunità a pieno titolo e venire accettate come donne dal loro villaggio. Dunque, oltre a educare le comunità dove la MGF è ancora praticata sui gravi danni fisici e psicologici che essa comporta, è anche fortemente necessario fornire delle valide alternative a questa pratica che mantengano viva la tradizionale usanza del rito di passaggio, ma nel rispetto della salute e dei diritti delle bambine che dovranno intraprenderlo. Con il nostro lavoro promuoviamo Riti di Passaggio Alternativi (ARP) e sensibilizziamo sull’importanza dell’istruzione: attraverso gli ARP alcune usanze tipiche, come balli e canti, restano intatte ma la benedizione dei libri scolastici sostituisce la mutilazione.
Chi è Amref?
Fondata nel 1957 in Kenya, Amref è la più grande onlus sanitaria africana. Attiva in 36 Paesi dell’Africa sub-sahariana, lavora al fianco delle comunità più fragili, donne e bambini per proteggere la loro salute. Attiva in Italia dal 1987, è diventata nota anche grazie al volto e all’impegno di Giobbe Covatta.
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